mercoledì 22 luglio 2009

Abolite le fasce di reperibilità per malattia dei dipendenti pubblici



Dopo solo dieci mesi, e dopo una grande campagna che l’aveva portato ad altissimi livelli di gradimento mediatico, il ministro Renato Brunetta ha deciso di chiudere con l’esperimento delle fasce di reperibilità per malattia “allungate” per i dipendenti pubblici.

Era stata salutata come una “rivoluzione” che avrebbe dovuto cambiare da capo a piedi il volto della PA ed eliminare dal comparto pubblico i “dipendenti fannulloni”, spesso, secondo quanto riferito dal ministro , annidati “a sinistra”; era stata seguita da una fitta campagna mediatica, che aveva portato il ministro Brunetta a livelli di gradimento altissimi;

A nulla erano valse le obiezioni dei sindacati, che in molti modi si erano opposti a quanto proposto dal ministro, né avevano potuto nulla le associazioni per la difesa dei malati di cancro, che hanno dovuto aspettare fino ad aprile scorso, prima che il ministro si decidesse a spiegare con una circolare come e quando dovessero essere effettuate le visite fiscali ai malati oncologici, determinando l’indignazione di alcuni di loro e dei sindacati per le sue proposte di telelavoro.

Si era mobilitata addirittura l’AVIS che aveva registrato un calo tra i donatori di sangue-dipendenti pubblici che, secondo quando riportato da Daniela Altimani sul Secolo XIX non si recavano più a donare il sangue per evitare decurtazioni in busta paga.

Nonostante tutto il dl 112 del 2008 era passato, poi convertito nella legge 6 agosto 2008 n°133, portando con sé un carico di inasprimenti nella richiesta di permessi per malattia per i dipendenti pubblici.

Inasprimenti che adesso sono stati – loro piuttosto in sordina- aboliti.

In effetti il testo della legge 6 agosto 2008, n. 133, all’art. 71 stabiliva che l’amministrazione dovesse disporre il controllo in ordine alla sussistenza della malattia del dipendente anche nel caso di assenza di un solo giorno, tenuto conto delle esigenze funzionali e organizzative. Le fasce orarie di reperibilità del lavoratore, entro le quali dovevano essere effettuate le visite mediche di controllo, andavano dalle ore 8.00 alle ore 13.00 e dalle ore 14 alle ore 20.00 di tutti i giorni, compresi i non lavorativi e i festivi.

Adesso, a dispetto delle parole di fuoco pronunciate dal ministro, il pugno duro è stato ammorbidito, e le fasce di reperibilità sono ritornate quelle di un tempo, equiparate a quelle dei dipendenti del settore privato: si legge infatti all’art. 17 comma 23 c del dl n°78 del 1 luglio 2009 (meglio noto come decreto anticrisi) che “ al comma 3 dell'articolo 71 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 è soppresso l’ultimo periodo” che, guarda caso, era proprio quello riguardante le fasce orari per le visite fiscali.

Insomma una marcia indietro effettuata abbastanza in sordina, che fa il paio con l’abolizione dell’obbligo, nell'ipotesi di assenza per malattia protratta per un periodo superiore a dieci giorni e in ogni caso dopo il secondo evento di malattia nell'anno solare, della giustificazione da presentare esclusivamente mediante certificazione medica rilasciata da struttura sanitaria pubblica: adesso basterà un certificato del medico curante, esattamente come succedeva fino a dieci mesi fa.

Del resto qualcuno aveva già denunciato nella legge dell’agosto scorso alcune incongruenze tra la mano di ferro per i comuni mortali dell’art. 71 e le disposizioni dell’art. 72 (è proprio vero che la fregatura sta sempre dietro l'angolo) che invece prevedevano per i dipendenti delle amministrazioni centrali (erano esclusi i dipendenti degli enti locali e della scuola) la possibilità dell’esonero dal servizio nel corso del quinquennio antecedente la data di maturazione della anzianità massima contributiva di 40 anni.

Scriveva a tal proposito Adriano Bonafede su Repubblica nel dicembre scorso:

“[...] mentre da una parte Brunetta chiede alle donne di lavorare di più, arrivando a 65 anni, dall' altra fa un sorprendente regalo a quelli che considera i «fannulloni» statali. Per loro, infatti, dopo tante ramanzine, è in arrivo un premio niente male: li vuole mandare a casa, su loro richiesta, continuando però non soltanto a versare i contributi previdenziali, ma anche a pagargli lo stipendio, anche se in misura ridotta del 50 o del 70 per cento, a seconda dei casi, per ben cinque anni.

E’quanto potrà accadere a partire dal prossimo anno e per i successivi due a quei dipendenti dello Stato centrale che avranno raggiunto almeno 35 anni di contributi.

Non c' è nessun riferimento all' età. E quindi, in teoria, potrà chiedere di restarsene a casa senza far nulla - ma essendo pagato - anche chi, in teoria, fosse entrato nella pubblica amministrazione a 18 anni (oggi ne avrebbe soltanto 53). Da notare che, dopo i cinque anni pagati restando in panciolle lo statale premiato potrebbe andare in pensione avendo maturato il massimo, 40 anni appunto. La norma - prevista nell' articolo 72 del decreto legge 112/2008 e regolamentata da una circolare di Brunetta del 20 ottobre scorso passata quasi inosservata - non si applica a tutti i dipendenti pubblici ma soltanto a quelli delle amministrazioni centrali.

Tutti i dipendenti degli enti locali ne sono esclusi. è però, inspiegabilmente, escluso anche il personale della scuola, pur facendo parte del settore ministeriale. Il decreto legge e la circolare prevedono una notevole dose di discrezionalità nel concedere questo favore. Infatti sarà l' amministrazione a decidere, volta per volta, chi salvare e chi affossare, sulla base delle proprie esigenze funzionali e organizzative. Non è difficile, comunque, prevedere una vera e propria corsa alla raccomandazione, onde evitare di vedersi rifiutata la domanda, che dovrà essere presentata entro il primo marzo di ciascun anno per il 2009, 2010 e 2011.

Lo stipendio verrà pagato al 50 per cento, ma potrà arrivare anche al 70 se l' impiegato mostrerà di svolgere attività di volontariato. Anche qui, non essendoci parametri certi, non è difficile ipotizzare che molti potranno certificare di fare volontariato per qualche ora alla settimana. I regali di Brunetta ai fannulloni non sono però finiti qui. Perché i dipendenti autorizzati a non lavorare più per lo Stato potranno anche effettuare "prestazioni di lavoro autonomo con carattere di occasionalità, continuatività e professionalità". Purché non lo facciano a favore di amministrazioni pubbliche. In altre parole, potranno continuare lavorare come e quanto credono per i privati, con il comodo scudo della "collaborazione esterna".

La ratio di questa norma così favorevole ai dipendenti statali è ufficialmente quella di risparmiare fondi pubblici, con cui il governo potrebbe procedere a nuove assunzioni. Ma il risparmio sembra molto contenuto, e nel frattempo non si tiene conto del fatto che molti uffici perderanno personale”.


In una recente conferenza stampa il ministro ha presentato i risultati di un altro provvedimento anch’esso definito anti fannulloni, la legge 69 del 2009, “che prevede a partire da venerdì 17 luglio, l'obbligo per la Pubblica amministrazione di rendere pubblici i dati relativi alla dirigenza e i tassi di assenza e di presenza del personale. Curricula, stipendi, numeri di telefono e indirizzi email di tutti i 190 mila dirigenti della P.A saranno dunque disponibili online nei prossimi mesi per permettere ai cittadini di sapere chi sono, quanto sono bravi e quanto guadagnano”.

Chissà se, a questo punto, il ministro ci fornirà anche i dati dei “pensionati agevolati” sponsorizzati dal suo ministero…

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